INGEGNERI CHE RACCONTANO STORIE

Recentemente ho assegnato a un team di ingegneri, il compito di elaborare le specifiche tecniche di progetto… raccontando delle storie.
Di fronte alle loro perplessità, mi sono ricordato di una persona che avrebbe potuto convincerli: il mio avvocato.

Dovete sapere che il mio avvocato tiene molto alla chiarezza dei contratti e alla elaborazione di testi che non possano essere fraintesi.
Nel negoziare il contenuto di un accordo con la controparte, si preoccupa soprattutto di chiarire le intenzioni delle parti, individuare la forma e i contenuti che meglio esprimano quelle intenzioni e prevenire il più possibile le interpretazioni sbagliate, adottando ovviamente una precisa terminologia giuridica.
Sono perciò rimasto sorpreso quando ho scoperto che, nel caso di contratti complessi o di pattuizioni articolate con una ricca potenzialità di sviluppi, la cui interpretazione potrebbe mettere in difficoltà anche un giudice, il mio avvocato utilizza una insospettata forma di esposizione: la narrazione.
A chiosa di un articolo che enuncia sinteticamente i principi di un accordo, il quale a seconda delle reali circostanze potrebbe prendere forme diverse; propone di solito, inserendola nel contratto, una storia di questo tono: “Se, per esempio, la parte (A) dovesse fare (X), allora la parte (B) potrà reclamare (Y), mentre se la parte (B) dovesse fare (H) allora la parte (A) avrà diritto a (K)”.

A questo punto i miei ingegneri si sono tranquillizzati. Infatti chi meglio di un legale può illuminarci sulle giuste leggi dell’esposizione?
Tra l’altro io stesso, per convincerli, ho raccontato una storia utilizzando una figura retorica: l’analogia.
Anche adesso, con questo scritto, sto raccontando una storia ai miei lettori.
In breve scopriamo che tutta la comunicazione avviene attraverso storie.
Quella del mio avvocato somiglia molto ad una stringa di software (if..then…).

In fisica, l’equazione del moto rettilineo uniforme (s = v * t) rappresenta una categoria di storie, con un linguaggio che riduce il racconto ai personaggi essenziali (spazio, velocità, tempo) e alle loro relazioni algebriche (uguaglianza, moltiplicazione).
Se una specifica storia appartiene a questa categoria, basta sostituire i personaggi della formula con quelli dalla nostra storia: “Con la mia auto ho percorso un tratto di autostrada di 200 metri nel tempo di 10 secondi, quindi procedevo ad una velocità di 72Km/h” (il vero problema è stabilire se appartengo veramente alla categoria del moto rettilineo uniforme, ma siamo tolleranti).
Quando però i fisici devono rispondere a domande quali: “Cosa è il tempo?”, allora sfoderano tutte le loro capacità narrative per inventare nuove ipotesi, fino a che non ne trovano una abbastanza convincente da giustificare l’investimento in ricerche che ne dimostrino la validità e la sintetizzino in una formula, con un processo analogo a quello che in letteratura è il passaggio dalla prosa alla poesia.

Tornando ai nostri ingegneri con esigenze meno ambizione (ma che comunque possono procurarci parecchi mal di testa), le specifiche tecniche di un progetto dovrebbero consistere in un documento che espone in modo inequivocabile e definitivo i requisiti dell’oggetto da realizzare, questo nella teoria (mi viene da dire: “è una bella storia”).
Nel mondo reale avviene tutt’altro.
Per dimostrarlo vi invito a scegliere dal vostro magazzino un qualsiasi prodotto e poi a controllare quanto corrisponde con le specifiche del progetto.
Una volta trovate le numerose differenze, provate a verificare quante sono note ai progettisti. Scoprirete che saranno forse il 10%.
Perché?
Perché progettisti, produttori e clienti, vivono storie diverse e solo poche vengono raccontate reciprocamente.

Negli ultimi anni si stanno diffondendo alcuni metodi di progettazione che utilizzano la narrazione, proprio per fronteggiare questo problema. Ma siamo al termine del mio articolo, ne parleremo la prossima volta.

massimo@manualeoperativo.com

Photo by George Hodan