L’INGEGNERE INTERPERSONALE

Quando sul nostro lavoro incontriamo un errore tecnico, sappiamo che quel problema ha una storia fatta di relazioni umane, dialoghi sordi, informazioni non trasferite, errori occultati, conflitti inter-funzionali, egocentrismi e incomprensioni.
Gli ingegneri (ma vale ugualmente per i medici) lo sanno e solitamente non ne parlano, perché credono che quella parte del problema sia ingestibile o comunque non sia di loro pertinenza.
In definitiva però nessuno interviene negli aspetti interpersonali dei problemi tecnici, non è prevista una figura qualificata.
Nell’area Risorse Umane valutiamo requisiti come prestazione e competenza della persona, senza entrare nel merito del complesso sistema relazionale che si forma intorno ad un errore.Nell’area Qualità diamo attenzione a dimensioni come accuratezza o tempestività delle informazioni, non alle intenzioni di chi le comunica.
Stiamo individuando una zona poco esplorata negli studi sulle organizzazioni, ma che merita il nostro interesse vista l’entità dei danni e i costi conseguenti.In questo articolo devo essere sintetico e non posso esplorare a fondo l’argomento, perciò risponderò brevemente a due sole domande:

  • Perché non ce ne occupiamo?
  • Cosa possiamo fare adesso?

Perché non ce ne occupiamo.
Le organizzazioni categorizzano le mansioni in base a criteri strumentali e non comunicativi, come vogliono i sistemi di produzione di massa diffusi oggi in tutti gli ambiti lavorativi.La divisione del lavoro ci ha quindi portati nella filosofica condizione in cui l’Uomo non è “fine” ma “mezzo”, paradossalmente ciò avviene anche nei luoghi dove l’Uomo è lo scopo di lavoro (scuole e ospedali per esempio).Al contrario nell’occuparci delle attività interpersonali l’Uomo è “fine”, ma essendo questo in conflitto con la politica organizzativa ci ritroviamo in un dilemma dal quale fatichiamo ad uscire, perciò nella pratica spesso ci arrendiamo.

Cosa possiamo fare adesso.
Prima di prospettare soluzioni che possono richiedere secoli di evoluzione vediamo cosa fare subito.In primo luogo va rivalutato un buon requisito di chi svolge un lavoro tecnico: la comunicazione onesta.Un ingegnere deve costantemente risolvere problemi e per farlo bene è interessato a scambiare onestamente le informazioni, ciò lo rende un pessimo venditore ma per nostra fortuna lo predispone alla ricerca della verità, deve solo allenarsi ad ascoltare.
Quando gli ingegneri vengono invitati all’ascolto di solito sono zelanti nella sua applicazione, dopo un po’ si rendono conto che ascoltando gli altri effettivamente scoprono informazioni utili e soprattutto comprendono meglio le intenzioni dei loro interlocutori.
L’ascolto è il primo passo per accedere alle competenze interpersonali, altre competenze importanti sono l’empatia, l’assertività e la pragmatica della comunicazione.
Queste sono le principali materie del facilitatore, ossia quella persona che cura la comunicazione di un gruppo in modo da ottenere la massima efficacia d’intenti.
Per prendersi quindi cura dei problemi in modo sistemico, l’ingegnere diventa facilitatore e porta le persone nelle migliori condizioni per trovare soluzioni; non si limita a risolvere problemi tecnici ma inventa soluzioni per far risolvere i problemi.
Stiamo immaginando un profilo dagli aspetti inediti, potremmo chiamarlo: “ingegnere interpersonale”.

Adesso dovremmo aprire il capitolo della sua formazione; mi limito a ribadire che queste competenze si sviluppano sul campo di lavoro, sporcandosi le mani con la pratica in un reale sistema problematico e il sostegno di maestri facilitatori capaci di muoversi sapientemente sul quel terreno.
In questo modo i problemi cominceranno a sciogliersi diversamente già dai primi passi, moltiplicando la soddisfazione in noi e nei nostri collaboratori.
Forza allora con il primo passo, possiamo cominciare oggi.

massimo@manualeoperativo.com

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