COME SVELARE PROBLEMI NASCOSTI

Nel precedente articolo ho aperto una riflessione sugli aspetti interpersonali dei problemi tecnici, adesso vi propongo di addentrarci in alcune tipiche situazioni quotidiane e studiare come venirne fuori.
Parliamo di errori o problemi occultati, un comportamento poco etico ma diffuso e appreso fin dai tempi della scuola.Potete essere anche l’ingegnere più preparato del mondo, ma se vi nascondono un problema non potrete farci nulla e ne subirete le conseguenze. La cosa strana è che anche le conseguenze vi saranno invisibili, poiché il sistema adotta delle strategie di compensazione che, seppur energeticamente costose, sono perfettamente integrate e vi risulteranno quindi coerenti con il contesto.
Ma c’è di più: il sistema sostiene il problema, perché si riorganizza intorno al lui.Per esempio voi potreste lavorare funzionalmente a un rimedio, a sua volta quel rimedio vivrà in funzione di un problema, magari vi darete da fare per consolidare il rimedio col risultato che rinforzerete ulteriormente il problema, tutto questo in totale buona fede perché quello vi sembrerà il vostro giusto compito.
Nella nostra testa ci appare illogico, ma nella pratica è quanto accade, il vero problema è l’assuefazione a pensare le cose nel modo in cui il sistema ci ha abituati.

Per aiutarci con qualcosa di pratico, prendiamo un esempio oramai abbastanza conosciuto nel mondo della fabbrica: la storia dell’Ing. Taiichi Ohno.
Diversi decenni fa questo ingegnere si mise a studiare il ruolo delle scorte in produzione, il nostro buon senso ci dice che le scorte servono a tamponare le emergenze e a permetterci di offrire i nostri servizi con prontezza, ma Ohno scoprì che le scorte si erano accumulate per arginare problemi ricorrenti che però non venivano mai risolti perché, quando se ne presentava uno, si ricorreva appunto alla scorta, quindi non si sentiva la necessità di risolvere il problema, anzi quasi nessuno ne conosceva l’esistenza.
Le scorte sostenevano i problemi invece di risolverli, quindi decise di smantellare le scorte per scovare i problemi e affrontarli.
Quando parlo di comunicazione onesta, mi riferisco a questo: lo svelamento della verità.
Ma la verità è una questione umana, infatti l’Ing. Ohno presto capì che la sua scoperta poteva applicarsi solo grazie al sincero coinvolgimento delle persone, le quali dovevano prima di tutto sviluppare la capacità di osservare e individuare i problemi per poi tempestivamente chiamare aiuto in rapide sessioni di problem-solving collettivo.
Ne è conseguito anche un codice etico che comprende le relazioni con fornitori e clienti, poiché si è poi capito che siamo tutti collegati e che le relazioni sono importanti almeno tanto quanto le entità.
Chi ha tentato di applicare meccanicamente le scoperte di Ohno senza lavorare sugli aspetti relazionali ha fallito.

Come dicevo all’inizio dell’articolo, sin dalla scuola abbiamo imparato a nascondere gli errori per evitare le sanzioni, ma chi in seguito agli studi universitari è diventato ricercatore scientifico ha poi scoperto quanto gli errori siano preziosi allo sviluppo della scienza, perché proprio attraverso l’esperienza dei fallimenti si arriva alla soluzione e spesso un errore ci porta a scoperte ancora più importanti di quello che stavamo cercando.
Questo atteggiamento è già un bel passo avanti nella direzione che ci serve, nel nostro caso quindi non cercheremo gli errori per sanzionare il colpevole ma per accrescere la conoscenza collettiva e favorire la creazione di soluzioni.
L’applicazione di questo semplice principio richiede le competenze interpersonali di un leader tecnico.

A questo punto potreste chiedervi: “quindi un ingegnere dovrà anche diventare psicologo?”.
No, piuttosto eviterà con accortezza il Management Fad abilmente confezionato in accattivanti ricette semplicistiche, studierà profondamente la complessità ambientale ed eserciterà il pensiero critico nel risolvere i problemi comunicativi. Tutte qualità che un ingegnere dovrebbe possedere.
So cosa state pensando: “Anche se dotato di queste qualità, io lavoro in un sistema troppo strutturato e non posso cambiarlo da solo”.
E’ vero, non potete cambiare la vostra organizzazione come desiderate, neanche se ne siete il capo, il sistema in cui lavorava Taiichi Ohno si è modificato nel corso di molte decine di anni e nemmeno l’Ing. Ohno poteva prevedere come si sarebbe evoluto, perché l’unica tecnica che dava risultati era quella di lavorare sul campo alla ricerca di problemi nascosti che, proprio per il fatto di essere ignoti, non gli consentivano di utilizzare un progetto predefinito, il progetto si costruiva giorno per giorno.
Esiste quindi un’attività che ci aiuta ad andare nella giusta direzione: osservare bene quello che succede, per imparare a conoscere il nostro sistema.
Ne parleremo nel prossimo articolo.

massimo@manualeoperativo.com

photo by Des Callaghan